CENTALLO (CN). Cappella di San Giovanni Evangelista, affreschi di Oddone Pascale.
La cappella di San Giovanni Evangelista sorgeva fuori dalle antiche mura di Centallo sulla via che porta a Cuneo; il suo interno è interamente ricoperto di affreschi che raffigurano episodi della vita di san Giovanni Evangelista e una Madonna in trono sovrastata da una Trinità probabilmente di mano diversa e molto abile.
La committenza degli affreschi sarebbe riconducibile ai Bolleri, titolari di feudi in Provenza e imparentati, dal 1550, con il capitano milanese Gian Giacomo Trivulzio.
La data ‘1520’ graffita su un affresco della parete destra, in basso, è il termine ante quem utile alla datazione degli affreschi, anche se Giovanna Galante Garrone esprime dubbi sull’attendibilità di tale data per la loro realizzazione, ma non ci sono documenti o informazioni storiche che possano fornire più precise indicazioni.
Complesse sono le questioni attributive.
Per Galante Marrone, nel testo del 1994, il ciclo potrebbe situarsi “in un ampio arco cronologico che va dagli esordi di Hans Clemer sulla fine del Quattrocento, alle prime testimonianze sicure di Oddone Pascale a Staffarda, Finale Ligure e Saluzzo” (nella chiesa centellese di San Michele c’è un dipinto raffigurante la Vergine col Bambino che concordemente è attribuito ad Hans Clemer).
Il ciclo di san Giovanni, almeno in parte, secondo Galante Garrone, potrebbe essere attribuito a Pietro Dolce, soprattutto in riferimento alle grottesche presenti negli affreschi, simili ad altre dipinte dall’artista intorno alla metà del secolo. Tale attribuzione era stata già da lei indicata nella voce dedicata a Dolce sul Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, 1991. Sembra che Dolce sia stato allievo di Oddone Pascale, ma non ci sono documenti a conferma. L’attribuzione a Pietro Dolce, però, se si accetta la data del 1520, comporta un’anticipazione notevole dell’inizio della sua attività.
Invece Simone Baiocco, nel 2002, ribadisce che il contesto pittorico “è dominato da Oddone Pascale” e “si riconosce una lezione strettamente influenzata da Gandolfino da Roreto” e una possibile connessione con le tre tavole al Museo di Alessandria. Gli affreschi quindi sarebbero “in relazione più o meno diretta con Oddone Pascale” ed è ipotizzabile che siano opere giovanili, analogamente al pilone di Ruffia.
Descrizione degli affreschi.
I pennacchi delle volte presentano grottesche a colori che si inseriscono in quelle monocrome, in basso.
Le storie rappresentano episodi tratti da La legenda aurea di Jacopo da Varagine e sono corredate da iscrizioni in un latino sgrammaticato, con dialoghi a botta e risposta che ricordano, secondo Galante Garrone, una rappresentazione teatrale (le rare iscrizioni latine nelle opere sicuramente di Oddone Pascale, invece, sono scritte in modo più corretto).
I vari episodi della vita del Santo si dipanano ordinatamente a partire dalle vele della volta, in senso antiorario, e poi sulle pareti:
1) San Giovanni, giovane e imberbe, sta entro un calderone d’olio bollente a Porta Latina, ritto di fronte all’imperatore Domiziano;
2) sopravvissuto al supplizio, Giovanni è relegato nell’isola di Patmos dove scrive l’Apocalisse;
3) successivamente arriva nella città di Efeso e resuscita la discepola Drusiana;
4) il filosofo pagano Cratone aveva ordinato a due giovani ricchi di frantumare con martelli le loro pietre preziose come segno di disprezzo dei beni terreni, ma Giovanni condanna la vanità dell’azione e reintegra le pietre che avrebbero dovuto essere donate ai poveri (il filosofo e i due giovani si convertono al Cristianesimo).
Nelle pareti: quella sinistra, alla sommità, presenta un interno con giocatori di carte, poi
5) il Santo con due discepoli che considerano la miseria dei loro abiti e lo sfarzo di quelli dei loro servi. Cadute di intonaco lasciano solo una figura di diavolo;
6) la parete destra, molto più lacunosa, presenta il seguito della vicenda: il Santo manda i giovani a raccogliere sassi e fuscelli e poi li trasforma in gemme e oro, che i gioiellieri dichiarano di non aver mai visto “tam purum aurum e tam pretiosas gemmas”. Giovanni poi, constatata l’avidità dei due giovani, li invita a riprendersi le ricchezze terrene, perdendo quelle celesti. La vicenda segue nella parete opposta: i due giovani ricchi, pentiti, chiedono misericordia e Giovanni ritrasforma l’oro e le gemma in fuscelli e ciottoli, riportando i due alla Grazia divina;
7) nella parte inferiore della parete sinistra, a destra, la vicenda del giovane morto dopo soli trenta giorni dalle nozze, la cui madre e la moglie pregano il Santo che lo resuscita;
8) il Santo accetta la sfida degli idolatri e fa crollare il loro tempio e la statua di Diana;
9) sulla parete opposta, a Giovanni viene dato una coppa di veleno, del quale era stata provata l’efficacia su due condannati a morte,
10) il Santo, dopo aver fatto sopra la coppa il segno della croce che elimina il veleno che esce sotto forma di piccolo drago, beve il liquido e non ne riporta danni. Il sacerdote pagano Aristodemo lo sfida a resuscitare i due morti avvelenati, cosa che avviene ponendo su di essi la tunica del Santo;
11) Il ciclo si conclude sulla parete di fondo: Giovanni, anziano, è chiamato a Cristo da una forte luce che abbaglia i discepoli.
L’affresco sopra l’altare fu rovinato dalla costruzione, dopo il 1770, dell’alzata dell’altare in muratura e stucchi marmorizzati. Vi è raffigurata la Madonna che ha sulle ginocchia il Bambino; entrambi tengono una mano sul Libro. Ai lati due angeli che suonano strumenti musicale. Lo sfondo è un dolce paesaggio collinare.
L’affresco, dipinto successivamente alla pareti, è di migliore qualità rispetto agli altri e si può supporre che all’esecuzione abbia collaborato un altro artista di elevato livello, influenzato, scrive Galante Marrone, da “una ascendenza leonardesca o bramantina”.
La raffigurazione sopra la Vergine non è una tradizionale “pietà”, ma è una rara “Trinità“, infatti il Cristo morto è in grembo a Dio Padre.
Storia dell’edificio:
Non si hanno notizie storiche sull’origine della cappella, formata da un vano quadrato con la volta a crociera senza costoloni, secondo tipologie costruttive quattrocentesche. Il restauro del 1993, ha riportato in luce le due larghe finestre laterali.
La cappella presenta un piccolo portico davanti all’ingresso; sopra la porta è affrescata un’Annunciazione del XVII secolo. Nel 1664, durante la visita pastorale di mons. Reggiamo, la cappella era chiusa da cancelli di legno e aveva davanti un portico rustico, con in fronte già “la bella immagine dell’Annunciata”. Nel 1751 l’Arcivescovo Rodero diede ordine di togliere il cancello e chiudere la cappella con il muro tuttora esistente con le due finestre lai lati della porta e l’apertura superiore.
Bibliografia:
– Galante Marrone G.; Mettiti G., Il Ciclo pittorico cinquecentesco di San Giovanni Evangelista a Centallo, Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della provincia di Cuneo, Cuneo 1994 (da: Bollettino della società degli studi storici, archeologici e artistici della provincia di Cuneo n° 111, 1994 op. 15-27) che contiene un’ampia bibliografia sull’opera.
– Baiocco S., Oddone Pascale e l’eredità di Gandolfino da Roreto nel Piemonte meridionale, in Intorno a Macrino d’Alba. Aspetti e problemi di cultura figurativa del Rinascimento in Piemonte. Atti della Giornata di studi, Alba 2001, Savigliano CN 2002, pp. 103-116
– Caldera M., «Ad radicem Vesulli, terra Salutiarum, vicis et castellis satis frequens»: percorsi figurativi nel marchesato fra Quattro e Cinquecento, in: Arte nel territorio della diocesi di Saluzzo, a cura di Allemano R.; Damiano S.; Galante Garrone G., Savigliano CN 2008, pp. 245-49
Vedi anche: Cappella di San Giovanni Evangelista: testo a cura di Pieranna Magnano (Assoc. Centallo Viva) ed immagini dell’Archivio Centallo Viva.